CHOPIN

Tengo sul piatto del giradischi i tuoi Notturni, Chopin.
Li suonerò questa sera.
Ho voglia di semplici cose, di cose comuni e umane
divinizzate però
da un’anima eclettica come la tua.
Hai scelto per il tuo discorso il pianoforte
(le corde vibrano spicce, crudeli, scolpite senza incrostazioni –
sian dolci, sian forti – solitarie, autosufficienti);
il tuo pianoforte mi scelgo per questa mia sera,
abbassato il volume dell’amplificatore
perchè li senta io solo i Notturni.
Non cerco se qui – dal suono – affiora un velo di pianto,
o un’incrinatura di disperazione,
o uno strappo di sfida;
non cerco
se questo pianissimo è una carezza a un’amica
o malinconia d’una gioia appena sfiorata,
o se è un sorriso ad una speranza sognata:
è la tua anima umana che conta, Chopin, e mi basta.